Ultimamente per” vivacizzare le discussioni” compaiono domande pre confezionate in questo blog; quello che mi piacerebbe sapere invece è quando finiranno i lavori della chiesa di San Giovanni.
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Gente di Bondeno
Nino Primo Spettoli di Ferdinando e Antonia Superbi nacque a Bondeno (Ferrara) il 25 novembre 1848, di professione fabbro ferraio, si legge sul suo foglio matricolare. A 18 anni combattè agli ordini di Garibaldi a Bezzecca, nel 7° Regg. Volontari Italiani, 2° Batt., 7^ Compagnia, matr.64, al suo fianco il fratello Bortolo, caffettiere. Dopo la terza guerra d’indipendenza Spettoli prese parte come volontario alla presa di Roma nel 1870. Terminati i conflitti in Italia partì per la guerra contro i turchi nel 1897 al fianco dei greci agli ordini di Ricciotti Garibaldi.
Scoppia la Prima Guerra Mondiale, Nino Spettoli aveva ormai 67 anni, pur essendo esentato per raggiunti limiti d’età dal servizio militare si presentò ugualmente al Comando del 27° Fanteria. Dopo lunghe insistenze l’arzillo garibaldino venne preso in forza dalla Brigata di Fanteria “Pavia” e partito per il fronte venne preso prigioniero dagli austriaci sul Podgora. In quei giorni Pavia perse un migliaio di uomini a causa dei violenti combattimenti. Deportato a Mauthausen Spettoli non si diede per vinto, continuò la sua battaglia contro l’Austria Ungheria all’interno del campo. In ogni diario scritto dagli ufficiali prigionieri a Mauthausen si fà cenno a questo indomito settantenne garibaldino, in un passo del diario del Capitano Medico Daniele viene data notizia del ferimento di Spettoli. “In una delle famose battute per afferrare prigionieri ed inviarli a lavori lontani, gli odiati ungheresi a croati entrarono nelle baracche con le baionette innestate, ed a colpi di calcio di fucile, fecero uscire tutti fuori, nacque una zuffa. Molti furono presi a baionettate ed alcuni feriti gravemente, tra cui il sergente maggiore Savarese dei granatieri (rimpatriato dopo perchè divenuto invalido in seguito a tale fattaccio) ed il volontario di guerra Nino Spettoli, settantenne, del 27” fanteria, un prigioniero affamato rubò una rapa e fuggi allorchè la sentinella di scorta lo insegui e raggiuntolo, gli piantò la baionetta nel petto. Dopo tale episodio nel 1917 a causa di questa invalidità Spettoli venne rimpatriato in occasione di uno scambio di prigionieri.
Spettoli si recò presso la trattoria “La Pace” a Borgofranco Po, l’oste, tale Zucchi Luigi, noto garibaldino seduto ad un tavolo, si avvicinò e senti quest’ultimo discutere animatamente con un certo commendator Trinchier sul prezzo del vino sostenendo che a Bologna si viveva con molto meno. Successivamente si legge nel verbale del Regi Carabinieri entro nel locale un certo Furlani Ottorino che così apostrofo lo Spettoli: “Come va garibaldino; andate a Caprera? Lo Spettoli gli rispose “Non vado a Caprera perché quando vedo Sottotenenti della marina e dell’esercito che vogliono essere salutati da me che sono capitano, dico: “va la tu ed il tuo sporco re”. Non avesse mai detto, furono richiesti d’urgenza i regi carabinieri e l’anziano reduce venne senza tanti complimenti associato alle patrie galere. Subito schedato come sovversivo venne poi inoltrata la richiesta al ministero dell’interno per poter procedere penalmente contro l’incauto. Fortunatamente il magistrato non ritenne di dover procedere contro l’ottantaduenne reduce, e scarabocchiò un vistoso punto interrogativo in calce alla richiesta di incriminazione. Dopo questa avventura Spettoli visse ancore un paio d’anni e nell’ottobre del 1932 cessò di vivere al S. Anna di Ferrara per marasma senile. Fu trasportato al cimitero della Certosa su un carro di 4 classe. La notizia non venne neppure riportata dalla Stampa
Fonte primaria: Gian Paolo Bertelli storico per notiziario ANMIG;
fonte secondaria: riportato su Facebook di oggi
Politica scolastica
Servono strumenti più adattabili alle singole esigenze il registro elettronico e un’autonomia depotenziata
VALENTINA CANNAVÒ*, MANUELA DELFINO* E SARA URGEGHE*
La dettatura di compiti e comunicazioni nella quotidianità della vita scolastica sembra diventare una pratica residuale, tenuta in vita da insegnanti che cercano di insistere sulla responsabilizzazione degli studenti, sulla necessità che siano consapevoli di ciò che li riguarda in prima persona e, non ultimo, sull’esercizio a tenere una penna in mano per registrare impegni e scadenze e per tenere traccia delle informazioni relative alle prove svolte in aula.
Il registro elettronico contrasta questa pratica. Facendo leva sul bisogno degli adulti di un’informazione precisa, completa e puntuale sulla vita scolastica dei figli, il registro elettronico consente di recuperare in qualunque luogo e momento una completezza dell’informazione che, invece, il diario restituisce spesso in modo frammentato e incerto. Tra il compito scritto a mano dallo studente e quello assegnato dal docente al computer le differenze non riguardano solo la completezza e la com
prensibilità dell’informazione, quanto l’autorevolezza della fonte, priva di mediazione.
Il rischio è che la voglia di occuparsi dei figli sfoci nell’intromissione all’interno di una relazione tra gli studenti e i docenti, per degenerare nella deresponsabilizzazione.
Nelle scuole del I ciclo, chiamando in causa una maggior efficacia comunicativa e l’ottimizzazione del tempo scuola, rinunciamo a insegnare come (e in quali pagine) scrivere i compiti sul diario ed eventualmente come te nere traccia di quelli già svolti e finiamo, così, con il passare letteralmente sopra le teste degli alunni in un dialogo, spesso solo virtuale, tra adulti. Nelle scuole del II ciclo, limitiamo i margini di libertà degli studenti, tracciando in tempo reale la loro presenza nei locali della scuola.
A farne le spese è il processo stesso di crescita dei ragazzi quanto ad autonomia e responsabilità. Diamo per scontato che i genitori ricevano le informazioni senza che i figli debbano più fare da tramite, non pretendiamo che i ragazzi si esercitino nel riportare (e comprendere) avvisi e comunicazioni, affidiamo allo strumento digitale la rivelazione alle famiglie di assenze, valutazioni o note disciplinari.
Per quanto non sarebbe onesto attribuire ai registri elettronici responsabilità e colpe degli adulti, è evidente come nei registri elettronici convergano e trovino una cassa di risonanza problemi e nodi irrisolti della scuola e delle sue regole. Questo è particolarmente evidente con il tema della valutazione.
Pensiamo alla prima pagella di un bambino che abbia finito il primo quadrimestre di una prima classe della scuola primaria. A dispetto del richiamo all’unitarietà dei processi di apprendimento (cfr. Indicazioni nazionali 2012), ma soprattutto a dispetto del buon senso, questo bambino riceverà una scheda di valutazione frammentata in 10 voci afferenti a discipline che difficilmente sono in grado di proporsi come chiave di lettura dei progressi compiuti nei primi mesi di scuola, ma che dovrebbero essere riconducibili ad abilità di base connesse con la letto-scrittura.
Laddove esista un’idea di scuola e ci sia un messaggio coerente e chiaro tra docenti, alunni e famiglie, la frammentazione imposta dal modello valutativo ministeriale diventa marginale rispetto al percorso didattico e pedagogico. Ma non sempre è così. E la presenza di un voto in numeri rischia di complicare il delicato
processo valutativo, trasformandosi da elemento in grado di “attribuire valore” a sentenza lapidaria spesso effetto di una mancata presa di posizione rispetto alla media matematica risultante dal voto attribuito nelle singole prove.
Abrogato con la L. 517/1977, ricomparso con la L. 169/2008 (di conversione del D.L. 137/2008), il voto numerico espresso in decimi è stato confermato nel D. Lgs. 62/2017, dal primo anno della primaria all’ultimo della secondaria di II grado.
Quel lavoro certosino di paziente correzione di errori e di incoraggiamento rispetto alle conquiste degli studenti trova traduzione in valutazioni che talvolta rasentano il ridicolo: pensiamo all’attribuzione di voti come 6/2,7/8, 9- a bambini che non conoscono il significato di una frazione o a studenti che hanno imparato che per alcuni docenti 9- vale di più di 8/9.
L’attuale sistema valutativo – e l’interpretazione poco accorta da parte di alcuni docenti – diventa nei registri digitali quasi un elemento di perversione.
Esistono in commercio prodotti che di default colorano il voto (verde sufficiente, rosso insufficiente). Contro quello che è il messaggio pedagogico di ogni insegnante o genitore (“avresti potuto fare molto di più”), le ditte si arrogano il diritto di decidere con un codice semaforico binario non personalizzabile se una prova sia andata bene o male.
Esistono in commercio registri che forniscono la media dei voti assegnati e l’andamento. È chiaro che qualunque ragazzino – non dobbiamo scomodare i grandi – sia in grado di svolgere questo calcolo, ma siamo certi che faccia bene alla complessità del processo valutativo mostrare un 6,35 o un 5,51? Di fronte a queste medie già calcolate, quanto i docenti si sentiranno liberi di modificarle, per esempio trasformandole rispettivamente in un 7 (regalando ben più
di mezzo punto) o in un 5 (eliminando poco più di mezzo punto)? Si preoccuperanno di essere accusati di fare dei favoritismi, o di penalizzare, invece di restituire la complessità di un andamento?
Il registro elettronico rischia di enfatizzare la centralità del numero a discapito del percorso di apprendimento.
Rischia inoltre di creare una separazione tra il voto, ciò che lo ha generato e ciò cui dovrebbe portare. Infatti, se non abbiamo l’accortezza di restituire le valutazioni ai ragazzi in presenza, prima che siano visibili sul registro elettronico, finiamo con attribuire importanza ad un numero che non è più fisicamente vicino al compito, all’esercizio, al momento da cui è scaturito; un numero separato da segnalazioni di errori, da correzioni, da esclamazioni di soddisfazione di fronte a soluzioni creative o brillanti. Il messaggio valutativo si comprime intorno ad un numero che da solo non fornisce l’occasione di fare passi avanti.
Spesso vediamo ragazzi che consultano ossessivamente l’applicazione sul telefonino alla ricerca degli ultimi voti inseriti e delle medie evidenziate, ma che seguono distrattamente la restituzione del significato che abbiamo attribuito a quei voti.
Con un eccesso di enfasi sugli aspetti quantitativi (decisamente più facili per l’elaborazione da parte di un calcolatore e per l’implementa zione da parte dei programmatori), molti dei registri in circolazione presentano rigidità tali da inibire spesso la ricerca di nuove soluzioni a problemi valutativi. Si ha la sensazione che una struttura informatica nata lontano dalle aule dei docenti non riesca a intercettare fino in fondo i bisogni degli stessi, soprattutto laddove la valutazione è frutto di costanti scambi di idee, interrogativi, intenzionalità comunicative verso gli studenti. Come posso restituire attraverso un numero la complessità delle riflessioni che lo accompagnano?
Tuttoscuola n.590
Castagnata
Ricordo agli amici di Bondeno e dintorni che domani 20 novembre dalle ore 11 grande castagnata ad Ospitale, nell’ex supermercato davanti alle scuole … e oltre alle caldarroste anche pincini e frittelle !!

Marco Dondi
Burana
Treccani scuola
Carissima docente, carissimo docente, ti diamo il benvenuto sulla nuova piattaforma del Club dei docenti di Treccani Scuola, la community online dedicata ai docenti e dirigenti scolastici.
Ti ricordiamo il prossimo appuntamento con il Club dei docenti:
🗓️ Giovedì 17 novembre
🕐 Ore 17.00
🎙️Interviene Amir Issaa, rapper e produttore discografico italiano, membro del collettivo Rome Zoo
✅La partecipazione all’evento rilascia un attestato di partecipazione valido per la formazione in servizio del personale della scuola, che potrai scaricare autonomamente nella sezione “I tuoi attestati“
La funivia di San Luca
Negli anni ’70 la società di gestione si era molto indebitata, a causa dei lavori di revisione e adeguamento alle nuove norme, e il numero dei passeggeri non riusciva a coprire le uscite. L’ATC, che dal 1975 gestiva il trasporto pubblico in città, si rifiutò di subentrare per non doversi accollare i debiti per la nuova linea dei bus, e quindi il 7 novembre 1976 fu l’ultimo giorno di servizio per la funivia che in seguito fu smantellata.
Le strutture che facevano parte della funivia sono ancora riconoscibili: la stazione a monte è abbandonata, ma ben visibile vicino al santuario, così come il pilone. La stazione a valle è stata trasformata in condominio, ma senza alterarne significativamente la struttura. La zona di Bologna nei pressi della stazione a valle è tuttora chiamata Funivia, proprio per la storica presenza di questo impianto.
Caratteristiche
La funivia era un impianto del tipo “va’ e vieni”, con una lunghezza di 1328 m; superava un dislivello di 220 metri. Le cabine avevano una portata di 20 persone e la velocità era di 3,6 m/s, portata nel 1950 a 4,5. La stazione a monte era raggiunta con due campate, sorrette da un unico pilone di cemento alto 25 metri. Caratteristica peculiare della funivia era l’assenza delle “fosse” per le cabine nelle due stazioni a causa della limitata pendenza delle funi.
da wikipedia
Quando frequentavo l’università io prendevo la linea 17, ma c’era ancora la linea 21 per san Luca

Scienze umane al liceo di Bondeno
Vittorio Cini – L’ultimo doge
Mostre
La mostra a Palazzo Bonacossi costituisce un omaggio a Vittorio Cini (1885-1977), definito da Indro Montanelli «l’ultimo Doge di Venezia». Attraverso le opere di ventisette artisti viene evocata la vicenda umana e professionale di questo illustre ferrarese, protagonista della storia economica, politica, sociale e culturale italiana del Novecento
La mostra costituisce un omaggio a Vittorio Cini (1885-1977), definito da Indro Montanelli «l’ultimo Doge di Venezia». Attraverso le opere di ventisette artisti viene evocata la vicenda umana e professionale di questo illustre ferrarese, protagonista della storia economica, politica, sociale e culturale italiana del Novecento. Numerosi lavori insistono sui luoghi nei quali lasciò un segno indelebile, come Venezia, sua città di adozione, e Roma, dove fu commissario dell’Esposizione Universale prevista per il 1942; altri rinviano alle iniziative imprenditoriali e alla sua vita privata. Dai diversi spunti forniti dagli artisti che hanno indagato la «geografia ciniana» emerge «un DNA creativo e civile, progettuale ed estetico che condiziona e rende evidente, in modo lampante, il senso moderno della civiltà italiana» (Marco Di Capua).
Dove
Palazzo Bonacossi – Via Cisterna del Follo, 5 – Ferrara
Quando
Dal 12 novembre 2022 al 26 febbraio 2023
Orari
Venerdì 15.00–18.30; sabato e domenica 10.30–18.30
La prenotazione è consigliata: >>> Sito prenotazione musei
Url dell’evento
https://www.artecultura.fe.it/2081/
Tariffe
Ingresso gratuito
Prenotazione facoltativa: https://www.comune.fe.it/prenotazionemusei
Contatti
Ufficio Informazioni e Prenotazioni Mostre e Musei C.so Ercole I d’Este, 21
0532 244949 (Chiuso sab. e festivi)
Accessibilità
Non accessibile per persone con disabilità motoria per la presenza di 6 gradini all’ingresso principale; l’elevatore è in manutenzione
ima modifica 07/11/2022 12:30 Ricerca eventi Tipologia
Acqua (calendario)
Paolo Gotti presenta il nuovo calendario 2023ACQUA. Il futuro del pianeta![]() |
L’acqua è democraziaNelson Mandela Dalle vigorose cascate islandesi alle acque tobide del grande fiume Niger, passando per le imponenti centrali geotermiche del nord Europa fino ai mercati galleggianti thailandesi, e molto altro. Per il suo calendario 2023, dal titolo ACQUA. Il futuro del pianeta, il fotografo Paolo Gotti ha selezionato alcuni scatti iconici tratti dal suo sterminato archivio per illustrare uno dei temi cruciali dell’epoca contemporanea: la tutela dell’acqua,la nostra risorsa più preziosa, che ricopre la superficie del pianeta per circa il 70%. Simbolo di purezza e rigenerazione, è capace di mutare, adattarsi alle circostanze, aggirare gli ostacoli che incontra, dalla sorgente e per tutto il tragitto che le permetterà di defluire verso il mare, in una sequenza che si delinea come un processo in continua trasformazione. L’acqua è l’origine della vita, elemento imprescindibile per ogni essere vivente ma risorsa limitata da preservare con coscienza: l’acqua dolce rappresenta, infatti, solo il 2,5% del totale, la maggior parte intrappolata in ghiacciai e nevai. Ne rimane una percentuale molto bassa nei fiumi, nei laghi, nelle falde acquifere e nell’atmosfera a nostra disposizione, mentre il suo consumo continua ad aumentare, di pari passo con la crescita della popolazione mondiale. Nell’ultimo secolo il consumo di acqua è più che raddoppiato rispetto ai tassi di crescita della popolazione, anche per il fatto che tutte le attività economiche dipendono dall’acqua. L’acqua rappresenta dunque uno dei problemi più seri dei nostri giorni e fonte di guerre di accaparramento. Non stupisce che la maggior parte della popolazione mondiale non abbia accesso a risorse idriche adeguate. A livello globale ci sono 3,2 miliardi di persone di persone colpite dalla scarsità d’acqua, 1,2 miliardi in maniera estrema. In alcuni paesi è di circa 6 chilometri a piedi la distanza media compiuta ogni giorno per procurarsi l’acqua, con un carico medio di 20 chili sulle spalle nel viaggio di ritorno. Tra natura e umanità, le sorprendenti immagini di Paolo Gotti ripercorrono un’ampia indagine sull’importanza dell’acqua per la vita dell’uomo e di tutte le specie del pianeta, per la biodiversità e per gli ecosistemi: le fotografie documentano la potenza straordinaria con cui essa si manifesta in paesaggi incontaminati ma anche il suo sfruttamento da parte dell’uomo e le disuguaglianze che contraddistinguono i paesi del terzo mondo. Paolo Gotti nasce a Bologna e si laurea in architettura a Firenze, dove frequenta il Centro di studi tecnico-cinematografici. Nel 1974 sceglie l’Africa come meta del suo primo vero viaggio. Con la sua vecchia Land Rover attraversa il Sahara fino al Golfo di Guinea in Costa d’Avorio, per poi fare ritorno in Italia dopo quasi cinque mesi a bordo di un cargo merci. Dopo varie esperienze nel campo della pubblicità e una maturata esperienza nello still life, si dedica sempre più al reportage. È stato protagonista di numerose mostre personali tra cui Segni e culture, Institut Français de Naples; Da Bologna per l’Unicef; Alle origini della terra, Sala delle Colonne, Emil Banca. Dal 1996 al 2002 lavora per il Consorzio Alta Velocità Emilia Toscana realizzando le fotografie che ritraggono l’avanzamento dei lavori. Nel 2019 vince il Premio UVA dell’Università di Verona come Senior Photographer. Ufficio stampa: paologotti.press@gmail.com | www.paologotti.com ![]() ![]() ![]() ![]() |