Archeologia della TV

Le trasmissioni televisive regolari in Italia ebbero inizio il 3 gennaio 1954 ed il 4 giugno di quello stesso anno Guala venne nominato amministratore delegato della RAI con pieni poteri, affiancato da Giovan Battista Vicentini, ex dirigente della Cereria vaticana ed ex presidente dell’Azione Cattolica, in qualità di direttore generale.

Guala gestì la RAI con una grande apertura da un punto di vista tecnico, ma con una rigida visione cattolica. Impose in azienda anche un severo codice d’autodisciplina, rivolto ad autori, giornalisti e agli stessi uomini di spettacolo, compilato dal “Centro Cattolico Cinematografico” sulla falsariga dell’analogo codice Hays per il cinema negli Stati Uniti d’America.

Nel codice si leggeva, tra l’altro: “Non è consentita la rappresentazione di scene e vicende che possano turbare la pace sociale o l’ordine pubblico. L’incitamento all’odio di classe e la sua esaltazione sono proibiti. Sabotaggi, attentati alla pubblica incolumità, conflitti con le forze di polizia, disordini pubblici possono essere rappresentati con somma cautela e sempre in modo che ne risalti ben chiara la condanna. Dovranno essere escluse le opere di qualsiasi genere che portino discredito o insidia all’istituto della famiglia, risultino truci o ripugnanti, irridano alla legge, siano contrarie al sentimento nazionale. Quanto alla famiglia, deve aversi particolare riguardo per la santità del vincolo matrimoniale e per il rispetto delle istituzioni, e pertanto: il divorzio può essere rappresentato solo quando la trama lo renda indispensabile e l’azione si svolga ove questo sia permesso dalle leggi; le vicende che derivano dall’adulterio e con esso s’intrecciano non devono indurre in antipatia il vincolo matrimoniale; attenta cura deve essere posta nella rappresentazione dei fatti o episodi in cui appaiono figli illegittimi”.

Era stato inoltre diffuso al personale incaricato della programmazione radiofonica e televisiva un elenco di parole proibite e dunque impronunciabili in televisione: fra le quali “membro” (non si poteva neanche dire “membro del Parlamento”), “seno” (neppure in senso figurato, come “in seno all’assemblea”), “parto”, “vizio”, “verginità” e “alcova”. Le parole “gravidanza” e “suicidio” dovevano essere rispettivamente sostituite da “lieto evento” e “insano gesto”, ed inoltre non era consentito usare termini quali “cancro” o “tumore”, ai quali doveva essere sempre sostituita l’espressione “male incurabile”. Alcune di queste norme rimasero in vigore fino agli anni ’70.

Inoltre, durante la gestione di Guala, non mancarono casi di personaggi televisivi, anche famosi, che vennero letteralmente “banditi” dal piccolo schermo a causa della loro poca disponibilità ad attenersi alle rigide norme sopra citate o, nel caso di personaggi femminili, semplicemente a causa della loro avvenenza. Fu Guala a cacciare via Alba Arnova, moglie del direttore d’orchestra Gianni Ferrio e famosa soubrette del “Teatro Colon” di Buenos Aires, rea di aver danzato ne “La piazzetta” indossando una calzamaglia chiara che poteva “evocare la nudità”. Per lo stesso motivo ai cameramen che effettuavano le riprese del programma televisivo “Casa Cugat”, presentato dall’allora famoso musicista e direttore d’orchestra cubano Xavier Cugat, venne imposto di inquadrare l’attrice e cantante Abbe Lane, allora moglie dello stesso Cugat, solo in primissimo piano allo scopo di occultare quanto più possibile le sue procaci forme ai telespettatori.

Nonostante ciò, si deve all’innato talento di Guala come talent scout l’ingresso in RAI di alcuni giovani intellettuali, alcuni dei quali laici e progressisti, come Furio Colombo, Emilio Garroni, Luigi Silori, che apportarono all’azienda una certa capacità innovativa nei contenuti e che andarono poi ad affiancarsi ad un gruppo di brillanti quadri neo-assunti, tutti insieme definiti “i corsari”.
Arrivano i “corsari” [modifica]

Nonostante la ristrettezza di vedute in materia di espressione del mezzo radiotelevisivo, fu proprio Guala, incaricato di gestire il trasferimento a Roma delle strutture di produzione della RAI, fino ad allora collocate a Torino, sede storica dell’EIAR, e a Milano, ad avere l’intuizione di introdurre “energie nuove” tra il personale dell’Ente radiotelevisivo, Venne così bandito un concorso pubblico al quale parteciparono circa 30.000 concorrenti, per l’assunzione di 300 giovani laureati, tra i cui vincitori vi furono personaggi in seguito divenuti molto noti in vari campi, quali Furio Colombo, Umberto Eco, Gianni Vattimo, Mario Carpitella, Enrico Vaime, Fabiano Fabiani, Piero Angela, Adriano De Zan, Emanuele Milano, Angelo Guglielmi, Folco Portinari, Gianfranco Bettetini. Questi giovani intellettuali, che si andarono ad affiancare ad un gruppo di giovani professori universitari (Piccioni, Silori, Garroni, Santoni Rugiu), tutti in seguito etichettati con lo scherzoso soprannome di “corsari”, in quanto destinati a seguire, dopo la selezione del concorso, un corso di formazione diretto da Pier Emilio Gennarini, avrebbero dovuto, nelle intenzioni di Guala, “svecchiare” il management della RAI, ancora troppo legato a personalità provenienti dall’EIAR, e a tutt’oggi sono considerati i veri costruttori della centralità della Rai nel sistema culturale italiano[1].

Tra i vincitori del concorso vi era anche lo scrittore Andrea Camilleri, che non venne però assunto perché ritenuto “troppo comunista” dallo stesso Guala[senza fonte].[2]
La “congiura dei mutandoni” [modifica]

La scarsa propensione di Guala ad accettare supinamente direttive e raccomandazioni da parte dei suoi “padrini” politici, la sua eccessiva rigorosità ed intransigenza, la sua ristrettezza di vedute e soprattutto la sua opposizione all’introduzione della pubblicità televisiva fecero calare rapidamente la sua popolarità in azienda. Inoltre, nonostante le sue indiscutibili capacità manageriali, egli non seppe trarre vantaggi per l’azienda da lui diretta quando, essendo stati in precedenza acquisiti dalla RAI vasti appezzamenti di terreno situati ai margini del quartiere Prati di Roma, alle pendici di Monte Mario, su parte dei quali verrà in seguito edificato il Centro di produzione RAI di via Teulada, Guala dette disposizione di vendere parte di quei terreni, che di lì a pochi anni avrebbero moltiplicato più volte il loro valore grazie all’incipiente “boom” edilizio, proprio per evitare “indebite speculazioni immobiliari” che secondo lui non si confacevano all’amministrazione di un ente pubblico.

L’arrivo in televisione di spettacoli di varietà con scenette di satira che dileggiavano, peraltro in maniera velata e alquanto bonaria, personalità della vita politica ritenute allora “intoccabili”, come ad esempio il ministro dell’Interno Scelba, alienarono ben presto le residue simpatie degli esponenti politici che in precedenza avevano appoggiato la nomina di Guala al vertice dell’Ente radiotelevisivo di Stato.

Venne quindi presa in alto loco la decisione di costringere Guala alle dimissioni, e ciò avvenne con la complicità di alcuni funzionari della RAI, scontenti per il trasferimento da Torino a Roma di quasi tutte le attività di produzione ed ideazione dei programmi, mediante una subdola macchinazione in seguito nota come “La congiura dei mutandoni”.

Grazie ai contatti tra Piazza del Gesù e il Vaticano, si venne a sapere che un certo sabato sera il Papa avrebbe guardato la televisione in compagnia dei suoi nipoti. Si presentò allora negli studi di via Teulada, poco prima dell’inizio dello spettacolo che andava in onda in diretta, un funzionario che ordinò alle ballerine di indossare delle calzamaglie di colore chiaro, in modo da farle apparire praticamente a gambe nude grazie alla scarsa definizione delle telecamere in bianco e nero dell’epoca. Apriti cielo! il Pontefice scandalizzato spense la TV e si ritirò in preghiera, e il lunedì successivo sull'”Osservatore Romano” uscì un corsivo assai critico contro il governo nel quale si sosteneva che le coreografie del varietà violavano i Patti Lateranensi. Guala raccomandò che nelle puntate successive le ballerine si rimettessero le sottane. Ma il sabato dopo un altro funzionario arrivò a via Teulada e diede disposizione alle ballerine di indossare mutandoni chiusi fino alle caviglie. L’indomani tutta la stampa laica sparò contro la RAI che prendeva ordini dal Vaticano. Vistosi messo alla gogna come unico responsabile di queste polemiche, e contemporaneamente “scaricato” dai suoi referenti politici, Guala rassegnò le dimissioni il 28 giugno del 1956.

Il destino manageriale di Guala non finisce con le sue dimissioni dalla RAI. Seguì nello stesso anno l’organizzazione dell’Esposizione “Italia ’61” a Torino, e ritornò all’INA-Casa per un breve periodo.
L’entrata in convento [modifica]

Guala aveva pensato spesso di prendere i voti sacerdotali ed intraprendere la missione religiosa, ma le sue varie vicissitudini gli avevano sempre imposto di rimandare questa scelta. Ne aveva a suo tempo parlato anche con Don Orione, il quale gli aveva detto che vedeva in lui un futuro sacerdote.

Nel 1960, a 53 anni di età, decise di farsi frate trappista, entrando nel convento delle Frattocchie l’11 novembre di quell’anno. Dopo il noviziato divenne trappista nel 1962 e nel 1967 fu ordinato sacerdote.

L’ultima iniziativa di un certo rilievo a cui Guala, ora divenuto frate, venne chiamato dal suo vecchio amico Franco Costa, nel frattempo arrivato al titolo di monsignore, fu la ristrutturazione del monastero della “Madonna della Fiducia” del Monastero di San Biagio di Morozzo (provincia di Cuneo), situato nei pressi di Mondovì.[3] In quel luogo Guala arrivò nel 1972 e visse da anacoreta fino al 1984 quando, giunto all’età di 77 anni, fu costretto a fare ritorno alle Frattocchie a causa di problemi di salute. Durante quel periodo il monastero divenne mèta di molti gruppi giovanili, ma anche di industriali, manager e finanzieri di primissimo piano che si recavano da Guala per un consiglio, una parola di conforto, un aiuto spirituale.

Il 27 novembre del 2000 la città di Torino gli conferì la cittadinanza onoraria. Un mese dopo, all’età di 93 anni, cessava di vivere.

da wikipedia

Riccione TTV festival

TTV_manifesto10

Palazzo del Turismo
Sabato 12 , ore 17.00
incontro
MANUALE ITALIANO DI SOPRAVVIVENZA
Come fare una televisione monolocale e vivere felici in un paese perduto
dimostrazione di Fulvio Abbate
Lo scrittore Fulvio Abbate, ideatore, fondatore, anima e anchorman di Teledurruti, l’emittente libertaria che furoreggia in rete, ci
insegna come ribellarci dall’oppressore e resistere a decenni di omologazione televisiva. Lo scrittore racconta in che modo realizzare
felicemente la propria tv, dal nome da dare all’emittente a come arredare gli “studi”, dalle soluzioni telematiche ai contenuti, fino a
una varietà di modelli cui ispirarsi e alla motivazione. Ci svela l’alternativa al pensiero unico, politico e mediatico. La soluzione è una
televisione per ciascuno. Un’emittente monolocale in ogni casa.

Palazzo del Turismo, ore 18.15
presentazione, proiezione
JOHN FANTE. PROFILO DI SCRITTORE
a cura di Giovanna Di Lello, regista e direttrice del festival dedicato a John Fante Il Dio di mio padre

regia e sceneggiatura: Giovanna Di Lello
con: Joyce Smart Fante, Victoria Fante Cohen, Dan Fante, Tom Fante, John V. Fante, Stephen Cooper, A.I. Bezzerides, Furio Scarpelli, Luciano Vincenzoni, Guido Fink, Francesco Durante, Piero Pelù, Vinicio Capossela, Sandro Veronesi, Simone Caltabellota, Fred Gardaphe, Marco Vichi
narratore: Domenico Turchi
fotografia: Alessio Tessitore, Diana Canzano, Michele Paradisi
scenografia: Giosanna Vincelli
musiche: Andrea Manzoli, W.A. Mozart
Italia 2003, 68’

John Fante. Profilo di scrittore è un documentario biografico dedicato a uno dei maggiori scrittori americani del Novecento, John Fante (Denver 1909 – Los Angeles 1983), che Charles Bukowski considerava il suo maestro. Girato tra l’Italia e gli Stati Uniti, il film contiene numerose testimonianze, citazioni letterarie, foto e documenti privati inediti. In questo viaggio nella vita e nell’opera dello scrittore americano, troviamo anche un inconsueto personaggio di Torricella Peligna (Abruzzo) – paese d’origine della famiglia Fante – che ci narra le gesta del suo illustre conterraneo.

Premi: Best Documentary al Los Angeles Italian Film Awards 2003, primo premio Giornalismo Emigrazione 2006. Il documentario è uscito in libreria nel cofanetto John Fante (Fazi 2003).

Palazzo del Turismo, ore 21.15
conversazione, live performance
BUTTARSI + I VIVI
incontro con Dan Fante e Cristiano Godano
coordina Giovanna Di Lello
Pinkarman (Luca Ribichini) visual

Inizia dallo scorrere di testimonianze, citazioni letterarie, foto e documenti privati inediti della vita di John Fante – raccolte da Giovanna Di Lello nel documentario John Fante. Profilo di scrittore – l’incontro tra Dan Fante, figlio di John, uno dei maggiori scrittori americani del Novecento, e Cristiano Godano, leader dei Marlene Kuntz. Due scrittori nell’incontro di due libri “disperati”. Buttarsi di Dan Fante è il racconto di due anime, due personaggi duri e sinceri, due voci e due talenti riuniti in una figura sola: Bruno Dante. Bruno sente, vede e scrive cose splendide, desidera il meglio, ed è capace di ottenerlo; Dante polverizza ogni aspirazione, ogni bellezza, e giunge nella più bassa depravazione. Un romanzo (in uscita in questi giorni in Italia per Marcos y Marcos) tutto sesso, droga, poesia, perversione, speranza. Scrivere, e soprattutto pubblicare il primo romanzo, per Dan Fante – che è nato a Los Angeles nel 1946 – non è certo stato facile. Confrontarsi con un gigante come suo padre, con un pubblico diffidente, con i propri mille difetti, è stato difficilissimo. Poi, è iniziata la “rimonta”. Da qualche anno, la sua fama è in continua ascesa. Ha appena firmato un contratto con la prestigiosa casa editrice Harper Collins, che ripubblicherà e rilancerà in grande stile tutte le sue opere. Com’è accaduto con suo padre.
Dan Fante è molto amato in Italia, e questo lo accomuna a Cristiano Godano, protagonista da anni della scena rock italiana e ora anche narratore con I vivi, opera prima pubblicata nel 2008 da Rizzoli. I “vivi” sono un ragazzo “strano” che spiega l’amore per la sua fidanzata in una lettera dalle conseguenze devastanti, un uomo chiuso in un ascensore che precipita per tre giorni in un abisso senza fondo, un individuo che invita due prostitute nella sua stanza d’albergo in preda a un’ossessione sessuale, una coppia che si incontra su un ponte di Parigi, un artista che maltratta un’intervistatrice arrogante e sventata, un uomo e una donna che si danno appuntamento in un albergo. Sei intensi racconti in cui Godano – attraverso le sue ossessioni e le sue emozioni di artista dai linguaggi plurimi – ricrea un’atmosfera di attesa e di sensualità, inseguendo i contorni del pensiero e delle vibrazioni dell’anima. Al Riccione TTV Festival Godano esegue una lettura di “Terrore” secondo racconto di quest’opera: il tentativo di entrare nella testa di una persona che, rimasta chiusa in ascensore, precipita per minuti, ore e giorni; un viaggio-incubo drammatico e surreale commentato dai visual originali del giovanissimo illustratore e graphic designer Pinkarman.

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