Storie di Mattoni. Tra le più antiche attività inventate dall’uomo e tutt’oggi presenti vi è senz’altro quella relativa alla produzione di mattoni e di laterizi in generale. A Bondeno alla fine del primo decennio del 900 c’erano ben 19 attività del settore, di cui 3 con più di 10 operai … ad Ospitale e Settepolesini le presenze più numerose, ognuna con 4 piccole fabbriche. Oggi rimane solamente una fabbrica di refrattari e i ruderi di quella che è stata la più grande azienda del settore, ovvero la Fornace Grandi (ol furnasòn). Fu Giuseppe Grandi insieme al fratello Giovanni ad iniziare l’attività a fine 800, e oltre alla fabbrica di Bondeno avviarono anche una succursale a Pilastri (ol caminòn) … la conduzione passò poi al Rag. Ferdinando Grandi, grande appassionato d’arte che negli anni 30 cercò di incrementare l’industria locale dei laterizi gettando anche le basi per la Cooperativa Fornaciai. Nel dopoguerra aumentò la concorrenza con l’apertura di altre 2 grandi fornaci, la Calzolari, che rilevò anche la succursale di Pilastri e la Berzoini … finito il boom, dopo alcuni decenni chiusero entrambe mentre la vecchia fornace continuò ancora per qualche anno col nome di Coop Laterizi Bondeno.
Per ben due volte, Modena è stata al centro di vicende dell’epopea napoleonica: nel 1805 con la visita di Napoleone e Giuseppina, e nel 1815 quando alle sue porte si combattè la battaglia del Panaro tra le truppe murattiane e quelle austriache poste a difesa della città.
I due eventi del passato saranno rievocati sabato 1 e domenica 2 ottobre.
Per l’occasione verranno organizzate visite guidate straordinarie al Palazzo Ducale di Modena, la cui prenotazione è obbligatoria sul sito www.modenatur.it o chiamando 059220022
PROGRAMMA DI SABATO 1 OTTOBRE
GIARDINI DUCALI – Visita a partire dalle ore 10 del campo storico
PARCO FERRARI – Dalle ore 15 alle ore 16,30 ricostruzione della Battaglia del Panaro tra le truppe murattiane e le truppe austriache
CHIESA DELLA MADONNA DEL VOTO (VIA EMILIA) – Aperta tutta la giornata con una mostra di quadri Col. Manni – Ore 17.30 presentazione del libro “Napoleone 1821” e il culto di San Napoleone a cura di F. Sandrini Direttrice del Museo Glauco Lombardi di Parma Ore 18.15 presentazione del libro di V. Isacchini “Col ferro e col fuoco” La straordinaria vita di Paolo Assalini, chirurgo napoleonico.
CAFFÈ CONCERTO (PIAZZA GRANDE, 26) – Esposizione di cimeli dell’epopea napoleonica: armi, uniformi, oggetti d’epoca, figurini storici dalle ore 10 alle 18.30
PIAZZA ROMA – Stazionamento di riproduzioni in scala reale di un’ambulanza napoleonica e di un cannone con cassone portamunizioni
PROGRAMMA DI DOMENICA 2 OTTOBRE – Giornata dedicata all’arrivo di Napoleone e Giuseppina ed animazione del centro cittadino con manovre e parate.
PIAZZA ROMA – ore 10,30 arrivo dell’Imperatrice Giuseppina Beauharnais – ore 11.00 arrivo dell’Imperatore Napoleone Bonaparte – 0re 11.15 rivista delle truppe e saluti alla cittadinanza dalle Autorità civili e militari seguita dalla visita della coppia imperiale agli appartamenti ducali e animazione delle sale a cura del gruppo Vie del Tempo – Ore 12.00 parata dall’Accademia Militare in Piazza Roma – Durante la giornata: stazionamento di riproduzioni in scala reale di un’ambulanza napoleonica e di un cannone con cassone portamunizioni – Ore 17 Rivista finale delle truppe e saluti alla cittadinanza
CAFFÈ CONCERTO (PIAZZA GRANDE, 26) – Esposizione di cimeli dell’epopea napoleonica: armi, uniformi, oggetti d’epoca, figurini storici dalle ore 10 alle 18.30 – Ore 16: Guardie d’Onore di Modena, presentazione del figurino storico dedicato Piersergio Allevi
CHIESA DELLA MADONNA DEL VOTO (VIA EMILIA) – ore 15 presentazione della collana “Napoleone e l’Italia. Battaglie, assedi, eroi della più grande epopea moderna” a cura Ing. L. Simone e Prof. M. Zanca
Per fortuna non esistono più reduci dal carnaio della prima guerra mondiale, perché se i giovani di allora avessero potuto immaginare di andare a combattere e morire per un Paese che un secolo dopo si fa prendere per il naso da una classe dirigente così stupida, grossolana, ignobile, avrebbero disertato. E ora questa accolita di dementi guidati da un bugiardo senza limiti, per celebrare il centenario del milite ignoto, una invenzione tutta italiana, non ha trovato di meglio che creare una locandina che è quasi una copia esatta di una cartolina di guerra americana risalente alla guerra di Corea. Solo lo sfondo è stato cambiato perché vi figura una mappa della Colombia come si può desumere dal fatto che scorrendola attentamente vi si scorge il nome di Cartagena. Ora magari quelli che hanno pensato questa locandina, quelli ch’l’hanno realizzata e approvata devono probabilmente essere estimatori di alcuni noti prodotti colombiani o sono semplicemente un prodotto dell’Italia contemporanea che è forse anche peggio. Che ne dite della fantastica idea di metterci una cartina dei luoghi dove si è combattuta la prima guerra mondiale? Troppo difficile, anzi troppo compromettente perché la sola idea che possa esistere una storia rende più difficile recidere qualsiasi idea di sovranità e di cittadinanza.
Il recente acquisto di due rari ed interessanti documenti mi ha inevitabilmente ricordato una gloriosa pagina di storia, in cui Bondeno, anche se solo marginalmente, fu direttamente coinvolta in quanto ultimo lembo di territorio dello Stato Pontificio e quindi anche del nuovo stato. La Repubblica Romana fu costituita il 9 Febbraio del 1849 in seguito alle grandi insurrezioni del 48 e alla fuga in novembre a Gaeta di Pio IX. A capo vi era un triumvirato diventato definitivo con l’arrivo di Mazzini insieme a Saffi e Armellini. Improvvisamente Roma passò dall’oscurantismo clericale a faro della democrazia europea … la Costituzione promulgata contemplava la libertà di culto, di opinione e di stampa, l’abolizione della pena di morte, della tortura, della leva obbligatoria e della censura, il suffragio universale, la riforma agraria e la suddivisione dei poteri. Ci furono due mesi di tranquillità e poi solo guerra, a turno francesi, spagnoli, austriaci e poi ancora francesi, tutti contro Roma per riportare il Papa al suo posto. Alla fine, dopo un assedio durato tutto il mese di Giugno cadde per mano dei francesi, che disponevano del doppio dei soldati, e il 4 Luglio terminava la sua storia. Tra gli eroi caduti commosse la vicenda di Colomba Antonietti (22 anni), che si vestiva da bersagliere per combattere a fianco del marito, vanno ricordati anche Luciano Manara (25 anni) fondatore dei bersaglieri lombardi e promosso da Garibaldi a Capo di Stato Maggiore, il giovane poeta Goffredo Mameli (21 anni) autore del testo “Fratelli d’Italia”, fu invece gravemente ferito Gerolamo Induno (1825-1890)) che poi con la sua arte diventò il più celebre soldato-pittore del risorgimento. Caduta Roma Garibaldi partì subito diretto a Venezia in soccorso della “Repubblica di San Marco” di Manin e Tommaseo unica a resistere … ma ancora per poco (dal 22 mrzo 1848 al 22 agosto 1849). Come ben sappiamo poi Garibaldi fu fermato nel ferrarese, e molti dei suoi furono catturati e subito fucilati, come il prete di Cento Ugo Bassi o l’eroe popolare romano Angelo Brunetti detto “Ciceruacchio” … grazie al comacchiese Nino Bonnett Garibaldi riuscì a sfuggire alla cattura ma perse la sua amata Anita (28 anni) e il figlio che portava in grembo. Quanti meravigliosi eroi, ma soprattutto quante bellissime persone … aveva ragione Guccini quando ci cantava “gli eroi son tutti giovani e belli” !!
Presentazione del libro di Edmo Mori curato da Silvia Accorsi e Daniele Biancardi
Guida alla contemplazione delle bellezza Gruppo Editoriale LUMI, 2021
Presentano Silvia Accorsi e Daniele Biancardi
Un volume dedicato ai passaggi storici e architettonici più importanti della chiesa arcipretale di Bondeno dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria. Attraverso la citazione dei documenti d’archivio, l’autore Edmo Mori dispiega le fasi della costruzione del tempio, dalle sue origini poste intorno al 1114 passando per la nuova edificazione del XV secolo fino ai più recenti interventi di restauro, resi necessari dopo il sisma del 2012. La prima parte, di carattere storico, lascia il posto a una seconda sezione, nella quale la chiesa viene osservata da una lente d’ingrandimento altrettanto attenta: l’esterno e l’interno dell’edificio sono ritratti nelle parole dell’autore e attraverso le immagini fotografiche talora evidenziando inconsuete prospettive. Un percorso che funge quindi da valido strumento conoscitivo della chiesa e delle opere in essa contenute, consultabile come supporto anche dall’accezione turistica. Una piccola guida storico-artistica, ma prima di tutto orientamento alla storia di fede della comunità di Bondeno.
A suo tempo forse non abbiamo dato abbastanza rilievo a questo storico locale:
Gianfranco Po – da tutti chiamato ‘Giano’ – nasce nel 1925, di professione ufficiale d’anagrafe, è appassionato di storia locale. Realizza la mappa del passato di Pilastri, è il primo a individuare il sito archeologico de “I Verri”, oggi importante centro di scavo sulle tracce dell’antica popolazione Terramaricola dell’età del Bronzo. Appassionato scrittore, Po pubblica tre libri dedicati alla storia locale, un altro ancora inedito (Pilastri, storie, documenti, tradizioni”). Tantissimi i contributi sulle riviste di settore e sui giornali del territorio. L’autore muore nel 1998, lasciando tantissimi documenti e scritti. Fu anche radioamatore e, in tempi lontanissimi da cellulari e internet, riuscì a mettersi in contatto, via radio, con paesi come il Vietnam del nord e l’Indocina. “”Un cultore del territorio, un uomo fiero della sua appartenenza, uno studioso della nostra terra, un pilastrese illustre che ha investito la sua vita nell’approfondimento e nella divulgazione delle tante ricchezze del nostro territorio”: così lo ha ricordato il sindaco Bergamini questo pomeriggio. A illustrare le opere e l’apporto alla cultura locale è stato invece Daniele Biancardi, dell’associazione Bondeno Cultura. “Prima di Gianfranco Pilastri non aveva storia, ma solo memoria. Basti pensare che alla biblioteca Ariostea non c’erano scritti alla voce ‘Pilastri’. Gianfranco si mise a scrivere e colmò questo vuoto”. Moreno Po, il nipote, ne ha invece tratteggiato il profilo umano: “Gianfranco aveva le qualità che servono per conservare la memoria di un luogo: la curiosità e la pazienza, di ascoltare e di scrivere”. Un ricordo e un ringraziamento l’ha espresso questo pomeriggio anche Angelo Caselli, presidente della cooperativa: “Gianfranco ha sempre creduto nella forza sociale della cooperazione e ne ha organizzato la prima festa, per il 25ennale. Era il 1971”. L’assegnazione del nome ‘Piazza Po’ – questo pomeriggio benedetta da don Andrea Tosini, in rappresentanza di don Roberto Sibani (in missione in Brasile) – arriva al culmine di un fine settimana di festa per la frazione, iniziato sabato con una cena con menù dell’età del Bronzo e una rievocazione storica dell’epoca, messa in scena dal gruppo dei Teuta Lingones. L’Amministrazione ha da poco deliberato un nuovo finanziamento per gli scavi, giunti alla quarta ‘stagione’. La campagna degli archeologi – che hanno recentemente scoperto alcune delle più antiche tracce di bevande alcoliche (antesignane del vino), risalenti al 1.300 a.C. – partirà il 12 settembre, fino al 28 ottobre.
Da sin Caselli, Moreno Po e Valentino Po, il fratello
Grazie a Marco Dondi abbiamo anche recuperato un suo testo dalla Storia di Pilastri
LA FUNIVIA DI SAN LUCANon solo a piedi, per diversi anni molti bolognesi e turisti sono arrivati fino al Santuario… barando. All’inizio del Novecento, con un piccolo e poco fortunato tentativo nel secolo precedente, viene infatti inserita una nuova modalità per arrivare fin lassù: la funivia. Chi aveva poca voglia o non aveva la possibilità di salire a piedi fino in cima poteva affidarsi alle cabine.La funivia, progettata da Ferruccio Gasparri, fu inaugurata il 21 aprile 1931 e per 50 anni fu usata da migliaia di cittadini, contenti di poter affrontare una salita in appena 6 minuti e 46 secondi. Questo era infatti il tempo che le cabine impiegavano per percorrere il tragitto dalla zona Ghisello alla cima del Monte: in totale 1328 metri e un dislivello di 221 metri.Dopo l’inaugurazione in pompa magna alla presenza del sottosegretario agli Interni Leandro Arpinati e del ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, la funivia prosegue il suo successo per diversi decenni, a eccezione degli anni della Seconda guerra mondiale. Non tutto, purtroppo, dura per sempre. Così, nel 1976 la funivia fu chiusa perché non più redditizia. Chi vuole salire fino al Santuario, insomma, non può che affidarsi a una piacevole camminata.
da facebook
Quando facevo l’università e prendevo il tram , il 17, ricordo bene il 21 Ferrovia-Funivia…
Il maestro Giuseppe Mazzolani si stabilì in territorio Matildeo nel dicembre del 1865, in qualità di maestro presso le scuole elementari di Scortichino. Lo si ricorda, soprattutto, per la sua permanenza presso le scuole elementari di Ospitale. Fu segretario della Società Operaia di Mutuo Soccorso e si implicò, in prima persona, con la Società dei Reduci delle Patrie Battaglie. La sua poetica, in diversi momenti, lo portò a cantare gli eventi Matildei. In lui – poesia e pratica sociale – si tendono la mano e si propongono di aprire spiragli verso quei nuovi spazi d’esperienza che caratterizzarono la seconda metà dell’ottocento. Nato ad Imola il 9 Marzo 1840, Giuseppe Mazzolani, visse la maggior parte della sua vita a Bondeno…
La presa di possesso rientrava tra i compensi territoriali spettanti all’Italia in base all’art. 13 del Patto di Londra. L’accordo sanciva il nostro intervento nella prima guerra mondiale al fianco della Triplice Intesa, contro gli Imperi Centrali: “in caso di un ampliamento nei possedimenti coloniali francesi ed inglesi in Africa a spese della Germania, la Francia e l’Inghilterra riconoscono in massima il diritto dell’Italia di pretendere per sé certi compensi nel senso di un allargamento dei suoi possessi nell’Eritrea, nella Somalia, nella Libia e nei territori coloniali confinanti con colonie francesi e inglesi.” Ma gli inglesi non cedettero il loro territorio prima di lunghe discussioni e trattative, che ebbero esito positivo grazie anche al viaggio ufficiale del 24 maggio 1924 del Re Vittorio Emanuele III a Londra. L‘Inghilterra concesse all’Italia, col protocollo di Londra del 15 luglio 1924, il territorio d’Oltre Giuba: “A proposito dell’accordo anglo-italiano per il Giubaland il Messaggero scrive – riportava La Stampa il 25 maggio – che l’opinione pubblica accoglierà con immediata e sincera soddisfazione la notizia della conclusione dell’accordo stesso, alla vigilia del viaggio dei nostri sovrani a Londra, che deve fra l’altro manifestare la mai smentita cordialità dei rapporti che unisce con le corti e i governi, i popoli d’Italia e di Inghilterra […] La questione del Giubaland è stata risolta indipendentemente dalla questione del Dodecaneso, che per molto tempo in Inghilterra si voleva invece abbinare ad essa.”
Era infatti dell’8 gennaio precedente un telegramma del Capo del Governo, Benito Mussolini, inviato al nostro ambasciatore a Londra, Della Torretta: “Si vorrebbe in sostanza che l’Italia cedesse alla Grecia molte isole del Dodecaneso che le son costate sangue e denaro sol per far cosa gradita al Governo inglese, il quale si limiterebbe a effettuare la consegna di un arido e insignificante territorio nell’Africa Orientale, l’unica realizzazione ormai definitiva per l’Italia degli impegni assunti dagli Alleati con l’articolo 13 del Patto di Londra, magro corrispettivo in confronto al largo bottino coloniale toccato all’Inghilterra e alla Francia in seguito alla guerra. Ed è quattro anni che questa desolata fetta di Giubaland si fa pesare poco decorosamente sui rapporti politici fra l’Italia e l’Inghilterra.” (1) Anche il Corriere Italiano, rilevando l’importante conclusione dell’accordo si compiaceva per la rinuncia inglese all’abbinamento della questione del Giubaland con quella del Dodecaneso: “L’attuazione dell’art. 13 del patto di Londra, base giuridica e inoppugnabile della tesi sostenuta dal nostro Governo, viene oggi a togliere di mezzo l’ultima nube che ha, a tratti, adombrato i nostri rapporti con l’Inghilterra, decretando automaticamente il decadimento di quella questione del Dodecaneso così artifiziosamente suscitata da chi pensava di avvalersene in sostegno di pretesti e che non può diplomaticamente sussistere.”
“L’accordo anglo-italiano per il Giubaland – prosegue La Stampa – che mette il nostro paese in possesso di una cessione coloniale di 43 mila miglia quadrate di territorio, è salutato dalla stampa come un segno augurale per la cooperazione dei due grandi paesi nel supremo spirito per il riassetto europeo.” Affermazione che letta oggi lascia molto a desiderare alla luce dei rapporti con gli inglesi sia in quegli anni sia poi con lo scoppio del secondo conflitto mondiale. La nuova regione verrà poi annessa ai territori italiani con R.D.L. solamente il 7 maggio 1925, poiché la ratifica britannica si fece attendere dieci mesi, fino al 1° maggio 1925. E non prima di altri due mesi, il 1° luglio 1925, si procedette, e non senza ulteriori discussioni, all’occupazione effettiva del territorio. Stesso modus operandi degli inglesi, per esempio, per i territori dell’Haud e alcune zone dell’Ogaden, che riconobbero all’amministrazione etiopica con un trattato nel 1897, ma l’effettiva cessione avvenne solamente nel 1954 venendo incorporata nella provincia dell’Harar creando un diffuso risentimento popolare che portò alla nascita del “Fronte Unito Nazionale”, riaccendendo così l’antagonismo somalo verso l’Etiopia. Il nuovo territorio ceduto all’Italia ebbe una breve esistenza come Colonia d’Oltre Giuba, dal 16 luglio 1924 al 31 dicembre 1926. Venne amministrata da un funzionario del Gabinetto del Ministero delle Colonie del tempo, Corrado Zoli, palermitano e compagno di D’Annunzio nell’impresa di Fiume, inviato appositamente come «Commissario generale per l’Oltre Giuba», per farsi carico dell’eredità – non felice – degli inglesi. La regione era infatti afflitta da lotte inestinguibili fra clan ed era fino allora stata trascurata per la sua povertà.
Governata tramite espedienti, appoggiando ora un clan, ora un altro, spesso contrapponendoli l’uno con l’altro. I presidi erano stati ridotti al minimo, per ragioni di bilancio, cosicché il nuovo Commissario italiano dovette emanare subito alcune norme di pubblica sicurezza e costituire dei presidi e dei posti armati italiani per far uscire il paese dal caos. Ma soprattutto l’Oltregiuba era “privo di vie di comunicazione, mancante di centri di consumo che portino un impulso alla scarsa e uniforme produzione, rispecchia attualmente, in misura ancor più modesta, le forme e le caratteristiche dell’economia indigena della Somalia.” (2) L’Oltregiuba verrà poi definitivamente incorporato nella Somalia Italiana il 30 giugno 1926 con il R.D.L. 10 giugno 1926, n. 1118 affinché “il Giuba segnasse non una linea di demarcazione, ma un legame fra le popolazioni affacciantisi sulle rive di esso” (3) e verrà anche regolata nuovamente la divisione territoriale ed amministrativa con i Decreti Governatoriali n. 5062 del 1° luglio 1926, e n. 5079 del 14 luglio 1926. In appena un anno il Regio Commissario Zoli, con pochi mezzi e uomini a disposizione fece del suo meglio. Chisimaio era “rinata a nuova vita. Le strade rifatte, le case imbiancate, alcune belle costruzioni (ospedale, Banca d’Italia, scuola, distillatore, chiesa e due palazzine per alloggi); illuminazione elettrica pubblica e privata, un rimorchiatore per i servizi del porto; caffè, negozi, circoli. Irriconoscibile dall’epoca dello sbarco italiano.” (4) . NOTE 1. Documenti Diplomatici Italiani, II, doc. 542 2. Gorini M.P., Per le nostre colonie, Vallecchi, Firenze, 1927 3. Ciasca R., Storia coloniale dell’Italia contemporanea, Ulrico Hoepli, Milano, 1938 4. Vecchi B.V., L’Italia ai margini dell’Etiopia, Bietti, Milano, 1935
Come tutti i siti di devozione dell’antichità, oratori, chiese, monasteri, “spedali”, capitelli, che erano situati all’incrocio di vie molto frequentate, spesso ai margini di corsi d’acqua che erano le autostrade del tempo, anche questo capitello votivo si trova a Borgo Scala, dove la via per Zerbinate si innesta sulla Virgiliana ai margini del canale di Burana. L’emerito storico A.Bottoni alla fine dell’800 ci tramanda: “Il capitello detto dei Prosperi, perchè fabbricato nel 1568 da lor nobil signori, sulla strada che volge a Stellata, in una loro proprietà, era ufficiato con messe in alcune occasioni dell’anno. Divenne anzi il punto fermo dove si fermavano le Rogazioni (che sono, nel cattolicesimo, preghiere e processioni propiziatorie ed hanno la finalità di attirare la benedizione divina sull’acqua, sul lavoro dell’uomo e sui frutti della terra). Le cronache ci dicono che in queste occasioni i processionari passavano il canale di Burana sul passo natante che allora faceva il servizio che compie oggi il ponte di San Giovanni (poi ci sarebbe stato il ponte della Rana ed ora proprio lì c’è il nuovo ponte dedicato a Don Marcello Vincenzi), tal passo che per quelle circostanze si trasportava di faccia al chiesolino dei Prosperi. Su di un muricciolo ergevasi allora un manufatto, sul quale era una campana che i parmensi portarono via con loro quando il duca Odoardo Farnese occupò Bondeno. Da quel tempo in poi (1643) quel capitello non fu più ufficiato. Presentemente esso è una bottega di commestibili, tuttavia le sue forme ne chiariscono anche oggi l’origine”. C’è da aggiungere che nel 1927 l’immagine sacra fu fatta restaurare da due benefattori locali, Luigi Guidoboni ed Antonio Lodi, come riporta la piccola lapide marmorea ben visibile sotto l’ancora bellissima sacra nicchia (AN. V =anno 5′ era fascista). C’è da ricordare poi che per quasi tutto il secolo scorso questa Madonnina del Capitello ha visto passare, nei mesi estivi ed autunnali, l’incessante transito delle barbabietole che venivano trasportate al vicino zuccherificio, prima con i barconi nel canale, poi con carri e birocci trainati da asini, buoi e cavalli sulla strada ghiaiata e nel dopoguerra dalle prime “carioche” e dagli strani “Morris”, residui bellici modificati all’uopo, infine da camion e trattori con relativi rimorchi sulla Virgiliana asfaltata nella seconda metà del secolo scorso.. I diversamente giovani ricorderanno bene quanto erano lunghe le code sulla strada dei mezzi destinati alla “zucariera”, prima che lo stabilimento approntasse il parcheggio interno. Tali code arrivavano e spesso con la nebbia molto pericolosamente, fino al detto Capitello, quindi a Borgo Scala e nel bel mezzo di una rotonda stradale, dove fino a qualche anno fa era attivo il Bar Capitello, c’era fin dagli anni ’30 l’Osteria Italo e Fedora. Per i trasportatori di bietole diretti o di ritorno dallo stabilimento saccarifero, su ordinazione qui si preparava un piatto di minestra, mentre pane ed affettato erano sempre pronti, dato che a fianco vi era anche la drogheria con la rivendita di “sali e tabacchi”. Nel retro il locale aveva anche lo spazio per il campo da bocce. In seguito assunse le caratteristiche di una vera e propria trattoria frequentata da operai e maestranze della nuova zona artigianale, ai quali si proponeva fra l’altro trippa, somarino con polenta e lepre in salmì. La drogheria chiuse nel 1982 ed anche il bar da qualche anno ha chiuso i battenti anche se sulla serranda è esposto uno speranzoso cartello “Affittasi”.