Ieri l’Ungheria ha sospeso le esportazioni di grano, perché ha fondato timore che questa materia prima fondamentale per l’alimentazione ben presto finirà per scarseggiare e per aumentare esponenzialmente di prezzo, producendo una crisi alimentare inedita da un bel pezzo nel nostro continente. Certo nel fantastico mondo della Nato che ormai ha del tutto sussunto dentro di sé la Ue, la quale si rivela solo una sua surfetazione, il cibo può mancare, ma le armi mai: così mentre in Polonia la Cia sta cercando di creare un corpo di circa 20 mila neonazisti provenienti da tutte le parti del mondo, esattamente come accadde per la famosa guerra civile in Siria o per la nascita dell’Isis che furono in pratica determinate dall’importazione di migliaia di terroristi, sull’Europa si sta per abbattere una forte crisi alimentare di cui faranno le spese i ceti popolari alle prese con prezzi sempre più impraticabili. L’informazione del regime globale parla soltanto di fermare l’importazione di gas russo ( anche se questo è in parte una balla perché comunque il gas di Mosca continua a fluire) , ma dimentica di dirci che l’Ucraina e la Russia insieme producono l’80 per cento mondiale di olio di girasole, il 29% del grano e il 19% di mais e la guerra resa inevitabile dal rifiuto degli Usa di firmare qualsiasi patto con la Russia, provocherà una forte carenza alimentare e un’aumento esponenziale dei prezzi che peraltro sono già aumentati del 24 per cento. Perciò chi può corre ai ripari: come l’Ungheria la quale non partecipando alla stupida isteria di massa europea, può concentrarsi sulla realtà e non sulla propaganda.
Oggi mi limito a un paio di new entry che subentrano a realtà precedenti: una assistenza a computer e un negozio di pastafresca che si trasferisce da via Vittorio Veneto.
Marcello Bolognesi
In altra sede trovate la pubblicità, qui io mi limito a dirvi che Marcello è quello al centro tra Luca Baldissara e Antonella Parmeggiani
Ogni giorno il nostro territorio subisce attacchi e il suolo viene devastato da grandi opere inutili e dannose o da una urbanizzazione sfrenata. Tutto questo ha come effetto un impoverimento estetico, economico e culturale del nostro territorio, uno scellerato consumo di suolo e una banalizzazione del paesaggio oltre ad un degrado dell’agricoltura, risorsa essenziale per l’economia della nostra provincia. Franco Cazzola ci accompagna in un viaggio virtuale nel territorio ferrarese attraverso un percorso che illustra episodi rilevanti della sua storia conseguenti ad opere dell’uomo a partire dal XV secolo. Da Tresigallo, raro esempio superstite e integrale di città di ri-fondazione progettata a tavolino, si entra nel cuore della Grande Bonificazione Ferrarese per raggiungere Jolanda di Savoia, e poi Massenzatica, antico insediamento situato sul cordone di dune fossili, relitto del litorale di epoca etrusca, fino al castello di Mesola (1586), residenza di caccia estense, ma forse centro di un più ampio progetto territoriale. Il viaggio, che si conclude a Codigoro, è l’occasione per capire il paesaggio che ci circonda e che spesso guardiamo con occhi distratti. A cura dell’Associazione Amici della Biblioteca Ariostea
Come tutti i siti di devozione dell’antichità, oratori, chiese, monasteri, “spedali”, capitelli, che erano situati all’incrocio di vie molto frequentate, spesso ai margini di corsi d’acqua che erano le autostrade del tempo, anche questo capitello votivo si trova a Borgo Scala, dove la via per Zerbinate si innesta sulla Virgiliana ai margini del canale di Burana. L’emerito storico A.Bottoni alla fine dell’800 ci tramanda: “Il capitello detto dei Prosperi, perchè fabbricato nel 1568 da lor nobil signori, sulla strada che volge a Stellata, in una loro proprietà, era ufficiato con messe in alcune occasioni dell’anno. Divenne anzi il punto fermo dove si fermavano le Rogazioni (che sono, nel cattolicesimo, preghiere e processioni propiziatorie ed hanno la finalità di attirare la benedizione divina sull’acqua, sul lavoro dell’uomo e sui frutti della terra). Le cronache ci dicono che in queste occasioni i processionari passavano il canale di Burana sul passo natante che allora faceva il servizio che compie oggi il ponte di San Giovanni (poi ci sarebbe stato il ponte della Rana ed ora proprio lì c’è il nuovo ponte dedicato a Don Marcello Vincenzi), tal passo che per quelle circostanze si trasportava di faccia al chiesolino dei Prosperi. Su di un muricciolo ergevasi allora un manufatto, sul quale era una campana che i parmensi portarono via con loro quando il duca Odoardo Farnese occupò Bondeno. Da quel tempo in poi (1643) quel capitello non fu più ufficiato. Presentemente esso è una bottega di commestibili, tuttavia le sue forme ne chiariscono anche oggi l’origine”. C’è da aggiungere che nel 1927 l’immagine sacra fu fatta restaurare da due benefattori locali, Luigi Guidoboni ed Antonio Lodi, come riporta la piccola lapide marmorea ben visibile sotto l’ancora bellissima sacra nicchia (AN. V =anno 5′ era fascista). C’è da ricordare poi che per quasi tutto il secolo scorso questa Madonnina del Capitello ha visto passare, nei mesi estivi ed autunnali, l’incessante transito delle barbabietole che venivano trasportate al vicino zuccherificio, prima con i barconi nel canale, poi con carri e birocci trainati da asini, buoi e cavalli sulla strada ghiaiata e nel dopoguerra dalle prime “carioche” e dagli strani “Morris”, residui bellici modificati all’uopo, infine da camion e trattori con relativi rimorchi sulla Virgiliana asfaltata nella seconda metà del secolo scorso.. I diversamente giovani ricorderanno bene quanto erano lunghe le code sulla strada dei mezzi destinati alla “zucariera”, prima che lo stabilimento approntasse il parcheggio interno. Tali code arrivavano e spesso con la nebbia molto pericolosamente, fino al detto Capitello, quindi a Borgo Scala e nel bel mezzo di una rotonda stradale, dove fino a qualche anno fa era attivo il Bar Capitello, c’era fin dagli anni ’30 l’Osteria Italo e Fedora. Per i trasportatori di bietole diretti o di ritorno dallo stabilimento saccarifero, su ordinazione qui si preparava un piatto di minestra, mentre pane ed affettato erano sempre pronti, dato che a fianco vi era anche la drogheria con la rivendita di “sali e tabacchi”. Nel retro il locale aveva anche lo spazio per il campo da bocce. In seguito assunse le caratteristiche di una vera e propria trattoria frequentata da operai e maestranze della nuova zona artigianale, ai quali si proponeva fra l’altro trippa, somarino con polenta e lepre in salmì. La drogheria chiuse nel 1982 ed anche il bar da qualche anno ha chiuso i battenti anche se sulla serranda è esposto uno speranzoso cartello “Affittasi”.
Il punto è che, nel 1859, dopo le sommosse che erano scoppiate a Modena, la carta sparì e non se ne ebbero più notizie finché, nel 1868, il direttore della Biblioteca Estense della città, Giuseppe Boni, la trovò casualmente in una salumeria, dove si impiegavano documenti antichi per avvolgere carne, salumi e formaggi
Mappa portoghese trafugata per ordine di Ercole I d’este duca di Ferrara