E’ vero, è una realtà comune a tutti, ma non solo ai piccoli paesi
anche alle città medie e alle città grandi e alle metropoli e alle intere nazioni.
Non ha nulla a che fare con la ristrettezza e la chiusura di una piccola comunità
è una forma mentale dell’essere umano in quanto tale
ed è anche una delle sue tipiche contraddizioni irrazionali.
Da un lato cerca la “protezione” di un gruppo omogeneo e compatto nel quale identificarsi,
una reazione spontanea e forse atavica, e il gruppo può essere il paese, ma anche l’intera città o il rione dentro la città, o la nascita, la lingua, il condividere ricordi che escludano qualcuno
facendo sentire sé stessi alfieri di un qualcosa di più antico e profondo e quindi implicitamente più buono e giusto.
Ma dall’altro tutti vogliono trasgredire, a tutti va stretta questa dimensione,
a tutti quelli che non riescono ad avere all’interno del gruppo una posizione dominante
e pure agli stessi leader, anzi a maggior ragione.
Perché in verità non c’è nessuna forma di protezione all’interno del gruppo,
anzi, si è bersagli. Perché in mancanza di un nemico più importante,
e di veri nemici non ce ne sono in genere, perlomeno non qui e non ora, la lotta tra “buoni e cattivi”
divampa all’interno del gruppo stesso, che alimenta invidie, gelosie, giudizi e punizioni
che non sono mai giusti ma solo lo sfogo delle frustrazioni personali ed inconsce dei membri più influenti
dei gruppi stessi.
Fabio Smolari