Fonte: Andrea Zhok
Sforzandosi di guardare per così dire “dall’alto” l’intera vicenda pandemica, ciò che colpisce è il carattere assolutamente primitivo delle reazioni scatenate, e della logica di azioni e reazioni.
Possiamo discutere ad nauseam a colpi di argomenti raffinati, prove, documenti, testimonianze, inferenze e contraddizioni, ma la verità è che il grosso degli effetti per la maggior parte delle persone si è manifestato e continua a manifestarsi su di un piano schiettamente emozionale.
In un mondo virtualizzato, che ci viene consegnato a casa da scatole parlanti e schermi remoti, creare una realtà isterica parallela non è stato difficile.
In primo luogo si è scatenata una campagna sistematica e quotidiana di terrore a colpi di distorsioni, mezze verità, iperboli, e anche grossolane panzane.
Il terrore, come sempre accade, ha indotto un abbassamento delle difese critiche e un impulso primario all’obbedienza nei confronti di chi ci promette difesa dalla fonte di terrore.
In seconda istanza si è costruito un capro espiatorio, dipinto con i colori classici del “villain” (il bruto-stupido-egoista-irresponsabile-ignorante). Ciò ha consentito di fornire una valvola di sfogo psicologico sfociato nelle ricorrenti gioiose lapidazioni morali dei “reprobi” da parte dei “probi” con bollino governativo.
E a far parte delle truppe scelte degli autoproclamati “probi” abbiamo trovato soprattutto i “semicolti progressisti”, che soffrono da sempre di un patetico senso di superiorità morale, e che sono adusi a metabolizzare la propaganda mediatica pensando che ciò sia un tratto di distinzione (“essere informati”)
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