Fonte: Andrea Zhok
Facebook mi chiede a cosa sto pensando.
Ecco, non posso dire cosa sto pensando.
Non posso dirlo sia perché se lo dicessi mi farebbe tacere, sia perché certe cose si ha paura anche solo a dirle, per paura di avere ragione.
Vedo da settimane (su canali rigorosamente non ufficiali) centinaia di migliaia di persone che protestano in un modo e con un’intensità che non si vedeva da decenni, in tutte le città d’Italia. Persone che a protestare hanno tutto da perdere, e che tuttavia lo fanno.
Questo è molto più di quanto qualunque sindacato, qualunque partito sia stato in grado di fare da tempo immemorabile.
Ecco, in altre epoche si sarebbe ritenuto, secondo un elementare principio democratico, che un governo, qualunque governo, avesse semplicemente lo sporco dovere di stare ad ascoltare proteste di tale entità, di discutere, motivare, mediare, informare in modo plurale.
Invece vediamo solo censura, manipolazione e repressione.
estratto da https://www.ariannaeditrice.it/articoli/non-posso-dire-cosa-sto-pensando
Il dato concreto e primario che è in lui – ovvero la sua coscienza diretta della realtà – viene emarginato per mettere al centro la auctoritas di dati di seconda, terza o quarta mano. L’esperto prende il posto dell’esperienza, il ‘dato scientifico’ diventa segno che collima perfettamente col reale.
Livio Cadè
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