Se da Ferrara si va verso Bondeno seguendo la strada Diamantina, una stretta striscia di asfalto in mezzo ai campi, prima di raggiungere il canale artificiale Cavo Napoleonico si attraversa un piccolo paese, Settepolesini. Appena dopo l’ultima casa colonica, sulla sinistra, si può ammirare un grande specchio lacustre che si è formato, in oltre vent’anni, per opera della laboriosa attività estrattiva di una cava di sabbia.
Nel 1997 la bocca della draga, che aspira acqua e sedimento a venti metri di profondità, in falda, si bloccò. Fu necessario portarla in superficie e, con meraviglia degli operai, estrarre un grande osso che, incastrato, ostruiva l’imboccatura. Si capì subito che doveva essere qualcosa di eccezionale, per le dimensioni dell’osso e il suo grande peso. Il reperto venne quindi portato all’Università di Ferrara affinché i paleontologi lo potessero determinare. Si trattava di una grande porzione di bacino di un Mammut lanoso.
Allertati dalla scoperta, in breve tempo gli operai raccolsero altre ossa fossili e, grazie alla sensibilità dei proprietari della cava, i signori Orpelli, e all’autorizzazione della Soprintendenza archeologica, fu possibile accendere una convenzione fra il Comune di Bondeno, che si impegnò finanziariamente, e il Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Ferrara, che mise a disposizione uno specialista, per seguire i lavori di estrazione della sabbia, recuperare e studiare tutto il materiale che veniva alla luce.
Oggi Settepolesini, con oltre quattrocento resti ossei raccolti, è diventato il più ricco giacimento a vertebrati della pianura e sta fornendo una grande quantità di dati sugli ultimi cinquantamila anni di storia della Bassa Padana.
Benedetto Sala [docente di paleontologia dei vertebrati presso il Dipartimento delle risorse naturali e culturali dell’Università di Ferrara]
