Vorrei solo che i miei lettori meridionali “sentissero” la densità, e la qualità, di opifici concentrati su quel territorio ora chiuso: da enti e ministri che, essendo meridionali, abituati al deserto economico del Sud – che inevitabilmente è anche un deserto di conoscenza, di ingegno, di responsabilità verso gli altri , senza loro colpa non ne hanno un’idea. I 5 Stelle e loro elettorato, che chiamano gli imprenditori “prenditori” perché conoscono solo quel tipo di imprese: appalti e subappalti in opere pubbliche, strade da asfaltare e commesse del Comune e della Regione. Adesso possono utilmente imparare che le loro concezioni sono antiquatissime e arretrate, che avendo saltato non una, ma due o tre rivoluzioni industriali – e non hanno la minima nozione di cosa sia la “tela bachelizzata”, la vetronite melaminica, o cosa sia “l’imbutitura profonda in acciaio e l’elettro-erosione” .
Anche io non so cosa siano questi prodotti e processi: ma ho grande rispetto per loro e chi li ha progettati, inventati su richiesta di clienti sofisticati, e delle mani sapienti dei lavoratori lombardi che oggi – col loro direttore generale – vogliono tornare in fabbrica, almeno in 60, perché lo chiedono le Case estere con urgenza, essendo quei prodotti difficili da sostituire.
Mi basterebbe che le Regioni meridionali, che per il coronavirus a Casalpusterlengo hanno chiuso le scuole (quasi non aspettassero altro) e i ben sei comuni di Ischia che vogliono vietare lo sbarco di lombardi e veneti, avessero rispetto, di gente che – in fondo – con quel che esporta gli sta pagando la benzina, il gas, lo smartphone, il reddito di cittadinanza. Che ogni italiano del Sud sentisse il valore di questa ricchezza operosa come parte della patria.
Però ho una sensazione: che qui siano ormai in causa due tipi antropologicamente diversi di italiano, e che la crisi economica romperà tragicamente questo paese che non ha mai conosciuto una vera comunità di destino.
L’articolo DALLA ZONA ROSSA: GRIDANO PER LAVORARE proviene da Blondet & Friends.